
Un ringraziamento speciale all’Opera Pia Garelli, alla Direttrice Viola Balbo, alla Dott.ssa Giorgia Garzo, a Elisabetta Bosco per il prezioso consiglio.
Oggi ricorre il 106esimo compleanno di Renato Quaglia, un garessino di adozione che vogliamo festeggiare in questo suo giorno importante.
Grazie per il suo tempo. Come si sente a spegnere 106 candeline?
Conosco me stesso, vivo gli anni che ho serenamente. Tengo conto dell’età e non ho pretese, carpe diem!
Non temo la morte e non ho altre preoccupazioni, sono contento del mio stato di salute. La mente mi sostiene ancora, le gambe mi fanno un po’ cilecca e dove prima ci mettevo 15 minuti ora ce ne metto 30 -ride.
Avrebbe mai immaginato di raggiungere questo traguardo?
Penso di no.
Anche se, ho fatto 5 anni di guerra, 25 mesi di campo di concentramento nazisti, sono stato prigioniero in Slovenia, poi in Polonia e non ho mai nemmeno pensato che sarei morto. Ho sempre avuto la convinzione che sarei rimasto vivo, nonostante il freddo di 20 gradi sotto zero e la fame nello stomaco.
Però di arrivare a questa età no.
Abbiamo letto che lei è Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, le posso chiedere di raccontarmi qualcosa in merito?
Sono stato insignito di questo prestigioso premio su segnalazione del prefetto di Asti. Potrebbe essere motivo di vanto, ma devo dire che non ha cambiato il mio modo di essere; io non mi sento speciale, mi sono sempre ritenuto un carabiniere di tutti, dei belli e dei brutti -ride.
Voglio bene a tutti e non odio nessuno.
Come trascorre il suo tempo?
Per me questo non è un ricovero, io lo chiamo Hotel Garelli -ride.
Ogni tanto è un po’ triste, non per l’ambiente o per il personale che apprezzo particolarmente, semplicemente perché a casa si sta meglio! Quello che più mi pesa qui sono l’ozio e l’inerzia, non sono il tipo da dolce far niente. Sono vedovo da quando avevo 58 anni e ho sempre trovato soddisfazione nel giardinaggio, negli animali da cortile e la mia passione è sempre stata la musica. Mi manca suonare il violino.
Passo la giornata a leggere e scrivere.
Abbiamo detto che è un garessino d’adozione, come ha conosciuto Garessio?
Da almeno 40 anni!
Un mio appuntato quando facevo servizio a Canelli aveva la moglie di Ormea, le nostre figlie erano coetanee e compagne di classe, entrambe alunne di mia moglie; lei specificava sempre a nostra figlia “quando siamo a scuola io non sono tua mamma, sono la signora maestra”!
Il sabato andavamo spesso a trovare la famiglia dell’appuntato e stavamo a Ponte di Nava.
Tempo dopo, già vedovo, ad Andora al mare, un mio conoscente mi ha chiesto se ero mai stato a Garessio. Aveva letto sugli annunci che erano in vendita degli alloggi e stava pensando di farsi la casa in montagna. Erano del condominio Edera, l’ho accompagnato a vederli. Io avevo sempre passato Garessio sulla via Lepetit, sulla strada principale, poco a poco ho scoperto che il paese dentro si allungava. Subito concluso il contratto siamo andati da Cagna per i garessini, il negozio era chiuso ma noi abbiamo insistito e alla fine ci hanno dato i dolci dal cortile, ed erano preoccupati di non poterci fare la ricevuta. Poi siamo stati al Bar Roma a prendere il caffè -sorride nel ricordare l’aneddoto.
Dopo andavo ogni tanto in questo appartamento per tenerglielo aperto, venivo col cagnolino, giravo intorno a Mindino, mi piace molto la montagna e sono appassionato di centri storici.
Un giorno a passeggio sono arrivato fino in via Montegrappa, dove c’era un muratore portoghese che faceva la calce per una casa antica tutta puntellata, io mi sono fermato a curiosare perché mi interessava e così lui mi ha poi fatto parlare con il geometra. Mi ha spiegato che, poiché era pericolante, il comune aveva imposto la ristrutturazione e loro stavano costruendo degli alloggi che erano già stati venduti. Me li ha mostrati e mi ha portato in soffitta. Io ho visto questo balconcino che dava sul paese…
Alla fine sono riuscito a comprare io lo spazio della soffitta, era un bilocale che il geometra voleva tenere per la figlia, ma lei non era così interessata. L’ho sistemato tutto io come volevo, ho fatto fare tutto ad Augusto Sappa, che ora è mancato. Era un ebanista incredibile, sapeva fare tutto, mi ha fatto la cucina in muratura.
Stavo qui per la villeggiatura estiva, poi tornavo in città d’inverno e visto che il riscaldamento là non te lo potevi gestire da solo, soffrivo il freddo. Amavo la mia stufetta indipendente e così ho iniziato a star qui anche d’inverno.
E poi la gente… non facevo mai in tempo ad arrivare fino al ponte che incontravo un sacco di gente che mi salutava e con cui parlare.
Ora sto qui al ricovero perché voglio che mia figlia di 73 anni e mia nipote che ha 4 figli (con uno dei pronipoti ridiamo perché siamo entrambi del ‘18, però di due secoli diversi -ride) stiano tranquille, mia figlia è stata una professoressa di Lettere e Storia e ora è giusto che si goda questo meritato riposo dal lavoro.
Signor Quaglia, un’ultima domanda. Ha piacere di condividere un messaggio per le nuove generazioni, ai giovani e alle giovani?
Vorrei dire tante cose ma non ho le parole sufficienti per spiegarmi bene.
La vita va affrontata, bisogna prenderla seriamente e ogni tanto c’è da fare quello che capita. Pensando alla guerra mi viene da dire che i manichini sono solo delle vetrine e sotto le divise ci sono degli uomini.
La gioventù è un grande dono. Studiate e lavorate sodo. Bisogna ricercare la soddisfazione e godere della vita, che è rocambolesca, fatta di alti e bassi e bella.
Ai miei tempi c’era un valzer che diceva “prendi la vita com’è se vuoi campare cent’anni” -ride
Io di certo lo posso dire!
Ho sempre ragionato così, ricordandomi delle canzoni per una cosa o per l’altra.
C’era un altro valzer che faceva “torna al tuo paesello che è tanto bello, torna al casolare, torna a cantare”.
Originario di Piancerreto (Cerrina Monferrato), in provincia di Alessandria, Renato Quaglia si è arruolato nell’Arma dei Carabinieri a 19 anni, svolgendo servizio al Palazzo Reale di Torino, a Padova e in Alto Adige. Inviato sul fronte greco-albanese durante la Seconda Guerra Mondiale, venne fatto prigioniero dalla Wehrmacht e rinchiuso nel lager tedesco di Strausberg in Brandeburgo. Nell’aprile 2019 scrive “Vicissitudini di un Carabiniere Reale”, una collezione di un secolo di ricordi, che continua ancora oggi a tracciare, battendo a macchina ogni giorno dopo la quotidiana passeggiata.
Auguri di Buon Compleanno da tutta la redazione de Il Garessino.