
Il progetto di “LeFoyer dans le bois” nasce dall’intuizione di 3 coppie di condividere la loro futura vecchiaia in un luogo immerso nella natura. Per dare vita a questo progetto, che come avremo modo di vedere vuole andare ben oltre la loro semplice coabitazione, hanno individuato nella frazione garessina di Mindino il nido ideale.
Il gruppo si è dato il nome “Collettivo Stagioni” e con molto entusiasmo ci ha concesso questa intervista, partendo subito col raccontarsi. Cinzia e Yves abitano attualmente a Le Cannet in Francia, poco sopra Nizza, lei è un’architetta, mentre lui un educatore in pensione; si occupano di varie attività, tutte legate al sociale e alla natura. Ottavio e Silvia vivono a Finale Ligure, giudice a Genova lui, dal 2016 impegnato nel diritto dell’immigrazione, e storica dell’arte lei, rappresentano il collante del gruppo (Cinzia e Silvia hanno già avuto un’esperienza di convivenza negli anni successivi alla laurea); oltre all’impegno nel sociale e una decennale amicizia, condividono con Fabrizio e Cristina la formazione negli scout. Cristina si è sempre occupata di commercio internazionale, partecipando al lancio del commercio solidale a Genova, mentre Fabrizio, dopo 30 anni di esperienza come perito industriale, è attualmente un operatore socio-sanitario che si occupa di aiutare persone senza fissa dimora; insieme vivono a Genova.
I 6 mostrano da subito una forte alchimia, arrivano tutti da vite immerse nell’impegno sociale sotto diversi profili e hanno molte altre cose in comune, per esempio sono tutte persone di mare e secondo Silvia è stato proprio il vento del marino (o lo spiffero, come il titolo della nostra rubrica) a condurli fino a Garessio. Durante la lunga conversazione hanno tenuto più volte a precisare come, se pur nascendo dall’idea e dall’esigenza di condividere nello stesso luogo l’anzianità, non è loro intenzione ridurre “LaFoyer dans le bois” ad un angolo di paradiso per la terza età. Immaginano invece un progetto in grado di attrarre nel modo più ampio e inclusivo possibile persone da ogni luogo e, soprattutto, di ogni età. Yves, che con molta ironia rimarca il suo status di minoranza linguistica (è infatti francese anche se parla perfettamente italiano), ci rassicura: «presto Mindino sarà il centro del mondo (ride)».
Ciao a tutti, e grazie per la disponibilità!
Grazie a voi per l’interessamento, per noi è importantissimo fare rete e riuscire a creare un rapporto con il paese che vada oltre il Borgo di Mindino. La nostra è una realtà che necessita di essere vissuta in modo collettivo!
Partiamo dall’inizio, come nasce questa vostra idea?
Fin da tempi non sospetti tutti noi abbiamo iniziato a meditare sulla possibilità di trascorrere l’anzianità insieme, per mettere in pratica un nuovo modo di concepire la vecchiaia. Suggestionati inizialmente da virtuosi esempi storici come il senso di comunità indicato da Gandhi, abbiamo poi preso ispirazione da esperienze molto più comuni di quanto si immagini, basti pensare alle tendenze in atto in altre parti del mondo in cui l’idea di co-abitazioni autogestite sta lentamente creando una valida alternativa all’isolamento nelle case di riposo. In più sono state le nostre stesse esperienze personali a trasmetterci il senso della solitudine a cui spesso sono relegati gli anziani in città. Arrivati dunque sulla soglia di quell’età in cui si chiudono tutti i cerchi abbiamo visto riproporsi la situazione di incertezza, già vissuta all’inizio dell’età adulta e ben descritta da una citazione del film Mediterraneo, nella quale «non hai ancora deciso se mettere su famiglia o perderti per il mondo». Questa è stata la spinta che ci ha fatto intuire fosse il momento giusto per provare a mettere nuove radici dando vita al nostro progetto.
Perché proprio Garessio e Mindino? Come avete fatto a trovarci? Volevate puntare un dito sulla cartina della Liguria e per sbaglio è finito sul confine col Piemonte?
Cercavamo da tempo il posto giusto dove concretizzare questo nostro piccolo sogno, quando quattro anni fa, durante un giro in bici in direzione Frabosa, Ottavio e Silvia hanno sostato a Mindino pernottando nell’Antico Convento di Maurizio (per i garessini “Maurino”). Impressionati dalla bellezza e da tanta accoglienza, hanno deciso di parlarcene ed abbiamo presto capito che potesse fare al caso nostro per tutta una serie di ragioni. Oltre all’impatto di un paesaggio completamente immerso nelle montagne, di cui la posizione di Mindino permette di godere al meglio, si tratta di una località “nel bosco senza essere imboscata” (ridono), intendiamo che, nonostante l’isolamento e la tranquillità, la piccola frazione Borgo che abbiamo scelto, è comodamente accessibile grazie alla strada asfaltata che la collega direttamente al paese (ciò non è affatto scontato siccome molto spesso la lontananza dal centro si traduce in un’eccessiva scomodità: la stessa casa di Ottavio e Silvia a Finale Ligure, se pur immersa nella natura, è però difficilmente raggiungibile). C’è poi l’importante ricchezza da un punto di vista naturale. Da una parte Yves ha trovato quel cercava da tempo: un posto con molta acqua, e poi a tutti noi piace pensare che i vostri famosi castagni rappresentino la metafora dell’invecchiare bene. Quindi si può dire che con Mindino abbiamo fatto centro.

Sì certo, la meraviglia e la ricchezza naturale del posto sono innegabili, ma non vi ha spaventato l’idea di trovarvi in un posto bello, ma poco valorizzato?
Per nulla, è stata proprio la sensazione di ricchezza naturale assopita a intrigarci. Anche la stessa presenza di edifici oramai disabitati, ci ha permesso di comprendere al meglio l’architettura rurale da rispettare, senza bisogno inoltre di doverci insediare costruendo dei nuovi caseggiati da zero, ma intervenendo con dei lavori di ristrutturazione. Secondo noi il contatto con la natura può nutrire e sostenere anche da questo punto di vista. Mindino riusciva a racchiudere le varie esigenze di ognuno di noi e ci dava l’idea di dover essere valorizzato, ma soprattutto che ci fosse molto materiale da cui partire per poterlo fare.
E quindi, una volta scelta la località, come vi siete mossi?
Partendo da Maurizio, che da subito ci ha accolti con molta gentilezza e ospitalità, siamo entrati in contatto con Giorgio, fotografo monregalese con radici a Borgo, che passa alcuni mesi all’anno a Mindino. Con lui abbiamo stretto un forte legame ed è stato lui a dirci che le due case ed i terreni a cui noi eravamo interessati erano di proprietà dei suoi cugini (Carla, Gian Luigi e Germano). Il contatto con i fratelli Borgna è poi avvenuto in una modalità tanto fortuita quanto romantica; infatti, in una tranquilla serata a Mindino, incuriositi (e ingolositi, ridono) dal profumo di pane appena cotto, abbiamo iniziato a seguirne la scia, che ci ha condotti nella casa dove i tre fratelli ci hanno poi accolto (e nutrito) quella sera; così abbiamo iniziato a conoscerci e, alla fine, si sono convinti a cederci le proprietà che ci interessavano. La nostra attenzione era rivolta in particolare a due strutture: una più piccola e un casolare. Abbiamo deciso di iniziare da quella più piccola per avere una base per noi sei e, proprio partendo dalla ricostruzione, abbiamo iniziato ad organizzare laboratori e atelier.
Ecco, durante questi tre anni avete organizzato molte attività, ce le raccontate?
Siamo partiti da quello di cui avevamo bisogno, quindi col rimettere in sesto le costruzioni, e anche ove ci fosse necessario l’intervento di professionisti, abbiamo sempre optato per imprese che ci potessero fornire una formazione, oltre che un servizio. In più, abbiamo seguito noi stessi atelier organizzati da altri per acquisire nuove abilità spendibili nel progetto. Il primo atelier lo abbiamo organizzato nel maggio 2021 realizzando una “compost-toilette”, a cui poi sono seguite altre attività di formazione, e auto-formazione, come la costruzione di meridiane, l’atelier di cianotipia o i progetti sull’architettura naturale di quest’anno. Oltre alle attività di formazione pratica abbiamo dato il via anche ad iniziative culturali legate alla sensibilizzazione nei confronti della natura: dal corso di scoperta dell’ambiente tramite la permacultura, passando per le conferenze sull’energia sottile e sui micro-organismi, fino ad arrivare allo spettacolo teatrale di Pino Petruzzelli “Vita nei boschi”, presentato a Borgo prima di tenersi a Nucetto; per la logistica di queste iniziative ci siamo appoggiati alla Casa Vacanze di Mindino, all’Antico Convento e al B&B Ca-Jo; il Comune ha contribuito alla pubblicizzazione di alcuni eventi.

Che idea vi siete fatti rispetto alla tendenza in atto a Garessio, un posto in grado di folgorare i forestieri come voi, ma che da molti anni non riesce a tamponare l’emorragia dello spopolamento?
È curioso come da una parte si assista a uno spopolamento autoctono ma, dall’altra ci sia un ripopolamento da parte di chi è stufo della città. Senza andare troppo lontano, vediamo l’esempio della crescita di piccoli borghi come Alto e Caprauna. Per non parlare degli innumerevoli eco-villaggi sparsi qua e là per la penisola, come quello di Corricelli (Prato). D’altronde questa tendenza è ormai capillare in tutta Europa (abbiamo già citato l’esempio della Francia e del superamento del concetto classico di casa di riposo). Sarebbe bello che anche i giovani abitassero queste valli, ma per fare questo bisognerebbe che ci fossero delle potenzialità economiche maggiori. Nel nostro piccolo, ci piacerebbe un giorno creare anche nuove opportunità. Sognare non costa nulla e a noi le idee non mancano. Ad esempio sarebbe bello aiutare un possibile nuovo allevatore, che ormai manca in borgata, prenderci cura di alcuni sentieri e poi, sicuramente, avere l’opportunità di mettere in campo tutte le nostre conoscenze come l’apicoltura, la conoscenza delle erbe, i nostri contatti con i ciclisti di strada…. e fare tutto ciò che è in nostro potere per contribuire alla rifioritura di questi posti. Perché forse chi qui non ci è cresciuto, riesce a guardarli con uno sguardo diverso e a intuirne tutte le innumerevoli potenzialità a lungo termine.
E qual è stata la risposta da parte della comunità e delle amministrazioni a questo vostro progetto?
L’accoglienza è stata in gran parte ottima, vogliamo ringraziare in particolare Achille che è stato uno dei primi garessini a cui abbiamo potuto spiegare questo nostro proposito. Lui ci ha raccontato molte cose di Garessio e ci ha esortato ad andare avanti. Anche nella stessa Mindino, oltre alle persone già citate, abbiamo stretto alcuni rapporti, per esempio con Amelio (un’istituzione per la borgata) a cui abbiamo chiesto vari consigli tra cui alcune indicazioni per provare ad iniziare una coltivazione di segale. Noi non abbiamo pretese, non chiediamo tappeti rossi né alle amministrazioni né tantomeno alla comunità, ma gli esempi di Achille e Amelio sono testimonianza della saggezza di chi qui ci ha vissuto a lungo e che per noi è veramente indispensabile, per questo uno dei nostri obiettivi principali è proprio quello di creare un legame, di incontrarci per strada, riconoscerci e non isolarci. Per quanto riguarda le istituzioni pubbliche il discorso è diverso, è infatti necessario interfacciarsi con le amministrazioni anche per ragioni tecniche come quelle legate ai vincoli paesaggistici. Quello che proponiamo è un linguaggio che ha bisogno di essere capito dalle amministrazioni locali a tutti i livelli, non solo quello comunale, e la mancata comprensione di questo linguaggio può aggravare il problema economico e complicare significativamente il nostro percorso. La nostra ambizione è di fare di quest’idea un progetto pilota in un’ottica di rivitalizzazione dei borghi, nel rispetto della tradizione e della sostenibilità ecologica, ma è altrettanto fondamentale riuscire a far andare di pari passo queste ambizioni con una fattibilità e un’accessibilità anche da un punto di vista economico.
Quali sono le idee che stanno bollendo in pentola?
L’obiettivo è proseguire sulla strada seguita fino a qui: portare a termine i lavori in maniera sostenibile, espandere il più possibile la platea delle nostre attività, creare una rete all’interno della società garessina e provare a rendere quest’intuizione un vero e proprio modello anche per altri; gli artigiani locali a cui ci siamo affidati -elettricista, idraulico, segheria, falegname- con i loro saperi sono un tassello importante per formare questa rete: in particolare Roberto e il suo progetto Selucente rappresentano un riferimento e una prospettiva di sinergia. Sono molte le realtà della valle a cui guardiamo con interesse: dal progetto “Stone now – recupero dei muri a secco” a Valdinferno, alle poliedriche iniziative proposte dal nostro amico Sandro Bozzolo. Solo per citarne un paio.. In primavera poi continueremo con i nostri atelier e laboratori, vorremmo proporre il progetto dell’OSS di borgata e altre attività legate a percorsi di comunicazione non violenta (a cui noi stessi abbiamo partecipato negli anni). Vi terremo comunque aggiornati!
Sicuramente non mancheremo, grazie ancora per la vostra disponibilità e in bocca al lupo!
Grazie a voi per questo spazio, crepi il lupo! Buona fortuna anche a Il Garessino per questa nuova avventura!

Scritto da Lia Colombo e Roberto Canavese