
La redazione del Garessino ha incontrato il celeberrimo designer Giorgetto Giugiaro in occasione della costruzione del nuovo ponte, il cui concept nasce proprio dalla sua matita. Da sempre legato al suo paese natio, e alla bellezza che, in particolare, il borgo antico del paese ha lasciato impressa nei suoi occhi fin dalla giovane età, l’imprenditore è stato chiamato a ideare un nuovo collegamento nel cuore della borgata principale successivamente alla demolizione dell’antico Ponte Odasso.
Il designer ha voluto sottolineare fin da subito le sue perplessità per la decisione presa: abbattere un ponte dell’Ottocento è per lui una sorta di peccato mortale, senza contare che il ponte era per ogni garessino che si rispetti una sorta di simbolo, oltre ad avere un valore storico (v. nostro articolo Lettere dal Ponte Pt. I). Forse altre soluzioni erano possibili, forse (anche se potrebbe sembrare paradossale) le spese della ricostruzione successiva alle alluvioni non sono comunque paragonabili all’ingente somma investita per questo nuovo collegamento, ma da un punto di vista umano, Giorgetto si sente vicino ai commercianti, agli abitanti della borgata, tanto da fargli irrimediabilmente associare il ricordo del vecchio ponte alla tragedia ormai insita nella sua stessa struttura. Infatti, per quanto esteticamente e storicamente importante, è innegabile che il ponte avesse le sue limitazioni pratiche. “Come spesso succede, non si ha il buonsenso di costruire lontano dai torrenti, perché il fiume è vita, e viverlo ogni giorno è sempre piacevole, ma le furie della natura sono imprevedibili”, ci racconta.

Quando gli è stato chiesto di partecipare alla ricerca architettonica del ponte, nonostante il dispiacere per l’abbattimento, Giugiaro racconta di essersi lasciato prendere dall’entusiasmo e anche dall’illusione: “Si sogna sempre in grande quando non si hanno i conti sotto mano”. Purtroppo, però, a causa delle limitazioni economiche, l’ex sindaco Ferruccio Fazio ha dovuto optare per la soluzione più semplice, lasciando da parte le opzioni più complesse e di valore artistico che il designer aveva proposto. Fra tutti i suoi disegni, dei quali ci anticipa ci sarà una mostra a breve, è stato dunque scelto il più semplice. Ed è a partire da questa scelta che la sua equipe tecnico-architettonica ha sviluppato il primo progetto di realizzazione. “E anche per quanto riguarda gli aspetti estetici ho dovuto accettare un compromesso: non ho potuto ottenere alcuni piccoli dettagli che avrebbero impreziosito il tutto, come le panchine in pietra a causa del peso eccessivo e dei costi, oppure un certo tipo di illuminazione, perché la somma dei denari a disposizione è quella che è. Quindi, che posso dire? Aspetto di vederlo!”
Anche da un punto di vista del design, Giorgetto ci ha raccontato i retroscena che hanno portato all’inserimento di un ponte moderno in un contesto urbano tradizionale come quello garessino. Da un lato appare chiaro dalla sua storia professionale che il retrodesign non è mai stato nelle sue corde. D’altronde forse è proprio questa la capacità degli artisti: quella di saper guardare avanti fin dove forse lo sguardo degli altri non osa spingersi. Anche perché i ponti non sono automobili, non hanno una vita breve (o almeno si spera), per cui il cercare di pensare a un qualcosa che rimanga attuale nel tempo risulta fondamentale.
E poi, bisogna ammetterlo, il design è tutt’altro che democratico: quando si decide di affidarsi a un artista, si sposa il suo giudizio estetico. Certo, anche nell’arte esistono i canoni, che fanno sì che chiunque di noi riconosca una bellezza oggettiva. Chi conosce Giugiaro sa che spesso a lui piace dire che tutti noi abbiamo un naso, due occhi e una bocca, ma che il bello o meno bello è una questione millimetrica. Il segreto, secondo lui, sta tutto nelle proporzioni.

D’altra parte, invece, al di là del gusto personale, l’imprenditore ci racconta che la scelta di un aspetto esteriore di questo tipo è soprattutto legata alle normative e ai vincoli tecnici. “La tecnologia ha le sue esigenze estetiche indipendentemente da come si decide di disegnare il ponte.”, commenta Giorgetto, “Bisognava necessariamente eliminare i supporti inferiori che creavano ingorgo durante le piene del fiume e, di conseguenza, si sono dovuti aggiungere i tiranti superiori per sostenere il peso di una passerella che, per quanto esclusivamente pedonale e quindi più leggera, ha comunque bisogno di essere saldamente ancorata. Poi le normative impongono che ci siano parecchi metri fra il letto del fiume e il punto più alto; dunque, anche la scelta di renderlo arcuato è stata più che altro una necessità e non una mera questione stilistica”. Quindi, anche se forse sarebbe comunque anacronistico, “…se la decisione fosse stata quella di ricostruire un ponte con un’estetica dell’Ottocento, dunque di pietra, l’altezza sarebbe salita ancora di un metro rendendo più difficile un inserimento armonico nel contesto urbano. E anche se al posto delle ringhiere si fosse scelto di mettere i mattoni, sarebbe stato necessario rinforzare notevolmente a causa del peso. Se si pensa che non è stato concesso di costruire nemmeno le panchine di pietra per questa ragione, appare chiaro il motivo per cui una concezione di tipo tradizionale fosse una strada difficilmente percorribile”.
Lasciando da parte le questioni tecniche, l’idea che sta alla base del nuovo progetto è la visione di un ponte come un qualcosa che unisce, un elemento che, sia concretamente sia simbolicamente, ha già avuto questo ruolo per il nostro paese. La chiave di lettura è la convivialità: il concept prevede che alle persone sia data la possibilità di vivere il ponte, di sedersi su una delle sei panchine a sorseggiare una bevanda acquistata in uno dei bar vicini, avendo una bella vista sul fiume Tanaro e sulle nostre amate montagne.
Oltre alla passerella, il designer ci racconta che un ruolo molto importante lo avrà anche l’approccio del ponte, ovvero l’imbocco lato Statale 28. Il lavoro di architettura, infatti, non ha preso in considerazione la costruzione del collegamento come un elemento a sé stante, ma è stata curata anche l’area dove inizia e dove poi si appoggia per poi svilupparsi lungo il paese. Per normativa la passerella andava alzata di qualche metro, modifica a causa della quale il bar Curini rimarrà più basso; dunque, si è reso necessario uno studio particolare e un riposizionamento del futuro dehors del locale. Anche la cura dell’ambiente circostante sarà fondamentale: ogni dettaglio andrà a creare l’armonia tra il nuovo ponte e il contesto architettonico preesistente, compatibilmente con le disponibilità economiche dei lavori.
Nonostante tutte le possibili problematiche insite in una qualsiasi opera di questa portata, una volta conclusi i lavori, il nuovo Ponte Odasso porterà un nome illustre tra le nostre vie e ci auguriamo rimanga non solo un punto di ritrovo per gli abitanti, ma anche un luogo di interesse per turisti e amanti di Garessio e della Valle, che avranno un motivo in più per venire a visitare le nostre bellezze locali.
La redazione de Il Garessino ringrazia Giorgetto Giugiaro per la piacevole chiacchierata, il personale che si è occupato di organizzare l’incontro, Marco Sciandra per il suo imprescindibile supporto, Marco Molineri per le sue suggestioni e @giugiaroarchitettura per il materiale grafico fornito.

Articolo scritto da Lia Colombo