
È il 1972 e nella regione Carpaneto della strada che porta al colle di Casotto, a 700 metri sul livello del mare circa, la gente si appresta a serrare gli scarponi ed infilare le racchette: è tempo di sciare.
Sono due concittadini che si occuparono della costruzione e messa a punto dell’impianto Carpaneto fondovalle sport appena fuori il centro abitato garessino, composto da uno skilift della lunghezza di 400 metri, collegato ad un’unica pista, che restò in funzione per circa 3-4 inverni. Di fronte, un bar ristorante dove rifocillarsi, e, accanto, un laghetto di pesca facilitata per offrire un’attrazione primaverile. Il bar proseguì la sua attività fino agli anni ‘80, mentre, per carenza di neve, la struttura sciistica dovette chiudere appunto tra il 1975 e 76.
La Garessio nascosta prosegue regalandoci scenari meravigliosi di passaggio e paesaggio che questo luogo stimola e ha stimolato.
È dai primi anni del ‘900 che a Garessio usava praticare lo sci, con quelli che erano i rudimentali e artigianali sci di legno, solo negli anni ‘60 nacque il complesso di Garessio 2000 dalle ambizioni di un imprenditore genovese che iniziò edificando le sciovie e la struttura alberghiera Baita dei Castori. La zona del Carpaneto, da sempre costituita da prati curati e naturalmente scoscesi, fu sempre meta ambita per scivolare giù dalle rive ancor prima della costruzione dell’impianto e a testimoniarlo esiste una memoria fotografica datata anni ‘20 che mostra una grande scultura con gradinate di neve. Probabilmente è proprio sull’onda del successo di Garessio 2000 che si è poi investito anche su questa parete; immaginiamo che la frase “andiamo a buttarci dal Carlin?” fosse sicuramente molto gettonata nel periodo invernale, e “Carlin” è tutt’oggi lo stranome del luogo, pioniere di Carpaneto.
Un curioso aneddoto a proposito della zona è quello della gimkana dei trattori, evento promosso e creato dai gestori dell’impianto in collaborazione con il Liquorificio Castorissimo.
Quello su cui ovviamente riflettiamo, ancor più prendendo in considerazione questa scoperta, è quale possa essere il destino delle nostre montagne che, come le altre, sono soggette alle conseguenze di inverni sempre più miti. Abbiamo consultato in merito il consigliere regionale Mauro Calderoni rappresentante del Partito Democratico e gli abbiamo chiesto di condividerci un commento, col fine di comprendere quale sia la postura della regione rispetto al tema.

Ci dice: “La giunta Cirio affronta con una forte dicotomia la questione del cambiamento climatico poiché gran parte dell’elettorato di destra è apertamente negazionista mentre al contempo chi ha responsabilità di governo ha l’obbligo di rispettare le norme nazionali ed europee per evitare azioni di responsabilità ed ha altresì il dovere morale di non mettere a rischio la comunità sottostimando i rischi a cui comunque ci sottopone il mutamento repentino del clima.
Quanto al sistema neve, gli ingenti finanziamenti dedicati prevalentemente all’innevamento artificiale, oltre che che anacronistici al di sotto di certe altitudini, mi sembrano molto orientati allo sci su pista che però interessa un numero esiguo di località mentre si dimentica la gran parte delle comunità montane che hanno bisogno di interventi su strade e servizi pubblici minimi per garantire una residenzialità adeguata a mantenere in vita paesi e cittadine e investimenti in infrastrutture naturali e più sostenibili come piste forestali e sentieri che consentano un turismo più compatibile e spalmato lungo l’intero anno.
Come sostiene l’amico ex sindaco di Frassino Dino Matteodo però “purtroppo questa è l’idea di montagna che prevale nel nostro Paese, un luogo dello svago e del divertimento o alla meglio una montagna come spazio ecologico da salvaguardare ad uso turistico.
Di rado la montagna è un luogo che produce, che ha degli abitanti stabili, se non come operatori del turismo, che può avere un’agricoltura, delle aziende. Men che meno un territorio gestito dall’uomo”.
Noi immaginiamo una montagna e più in generale le aree interne come luoghi in cui la qualità ambientale si coniughi con la qualità di vita attraverso la garanzia di infrastrutture e livelli minimi garantiti di servizi pubblici essenziali”.
E ancora: “Per restare all’ambito turistico altrettanto dovrebbe essere investito su sentieristica e turismo lento, per coinvolgere tutte le comunità alpine della nostra regione e sviluppare un’azione strategica di supporto ad un turismo maggiormente sostenibile.
Più in generale servirebbe anche altro: i fondi FSC infatti dovrebbero finanziare azioni di sviluppo e coesione, non solo impianti. Soprattutto per quelli a quote così basse che, a fronte dell’inesorabile cambiamento climatico, sono destinati comunque a chiudere”.
Come redazione ringraziamo il consigliere Calderoni delle sue parole e ricordiamo che l’attuale stazione sciistica di Garessio 2000, essendo sprovvista di innevamento artificiale, presumibilmente aprirà ad impianto ridotto.

Articolo scritto da Aurora Sappa e Michele Odda
Un ringraziamento particolare a Davide Biale e Stefano Briatore per l’aiuto nella stesura dell’articolo.