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Una giornata da villeggiante. Estate 1977 – Parte terza: la sera

- 03/06/2024

Si cena presto.
Gli ultimi raggi di sole illuminano la casa raggiungendo le camere attraverso le finestre ancora aperte. Seguendo chissà quale percorso, entra anche un moscone; siamo contenti quando il moscone, nero, grosso, peloso, con il suo volo apparentemente grossolano, taglia lo spazio centrale della casa con traiettorie imprevedibili, che sembrano disegnare un poligono irregolare: le nonne dicono che annuncia visite.
Ci piace credere che davvero preveda l’arrivo dei nostri genitori o, chissà, di qualche cugino da accogliere in questo mondo fantastico.
Il tempo della cena è ridotto al minimo dalla nostra voglia di tornare fuori. Adesso tonalità calde originano dalle montagne ad occidente per diffondersi, come un soffio fatto di colori, in ogni angolo della valle. I raggi di un sole non più visibile dipingono il cielo di rosa ed indaco, infondendo nei nostri animi allegri una serenità infinita.
La Pietra Ardena è una sagoma oramai scura, come lei il Grappiolo e la collina del Castello; i fanali dei lampioni iniziano a brillare, gli insetti, alla ricerca di luce, scintillano illuminati nel loro irregolare volo. Comignoli, tetti, siepi tutto assume l’aspetto di un quadro fiammingo, un quadro vivo però, dove colori e forme mutano determinando un lento, dolcissimo, muoversi del tempo. Scuri appaiono fugaci i veloci e misteriosi pipistrelli, che sostituiscono a quest’ora il volo delle rondini.
La sera ci siamo tutti. Ci troviamo, scorrazzando tra le Colonie e la piazzetta, pronti per gli ultimi giochi della giornata.
Nascondino? Non ci sono dubbi, siamo tutti d’accordo!
Si fa la conta, dopo avere ovviamente discusso come farla.
“Olio, pepe, sale, acqua minerale” è la più votata.
La “toppa” è al Pilone, contro la porta del fienile del “Canta”.
“1, 2, 3, … Libero me, liberi tutti!”
Il divertimento è alle stelle e sono proprio le Stelle, con il loro luccichio, a rendere ancora più magiche queste serate; le stelle ed il canto dei grilli, un suono che pare provenire da ogni filo d’erba, che sembra diffondersi su tutta la superficie del prato fino alle due “pegne”, i covoni di fieno, in fondo, quasi nella più profonda oscurità, ai margini del ruscello, laggiù dove solo i più coraggiosi oserebbero andare a quest’ora.
Dopo quattro o cinque mani a nascondino, ci si riposa, seduti sul bordo del Pilone o sdraiati sul muretto che costeggia la carrareccia, che conduce alla cascina della Romilda.
Si ascoltano le nostre voci, sotto la luce gialla della lampadina di quel vecchio lampione, che ci protegge dal buio della notte.
Ore 11, il richiamo arriva dall’uscio delle case, dalle finestre che attendono il nostro rientro prima di chiudere le imposte.
Felicissimi, insensibili a quella stanchezza di cui ci accorgeremo soltanto una volta in letto.
Felicissimi sapendo che domani l’avventura continuerà.


Scritto da Maurizio Gualdi

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