
“Ci vediamo dal pino” è tutt’oggi la frase per darsi appuntamento per una passeggiata “su da S. Mauro”. Il percorso infatti si avvia poco più in là fuori le mura del Borgo antico, nel punto d’incrocio tra la strada che scende da Porta Jhape e quella che giunge dal piazzale antistante le ex Colonie Savonesi di Padre Cocchi. Il pino, in realtà un abete rosso, è sempre stato luogo di incontro e di chiacchiere, la sua panchina possibilità di sosta e di attesa, la sua ombra occasione ristoratrice nelle giornate più calde.
Ricordi vivi mi riportano ad estati lontane quando era il luogo di adunate di bambini spensierati in bicicletta, di sogni di adolescenti in motorino, di speranze alimentate dallo spazio limitato della panchina che ti “costringeva” a stare vicino ad una ragazza (combinazione proprio a quella!), di pause con vicino i miei figli, addormentati nel passeggino, di pianti confusi, di risate serene, oggi di nuovi progetti con “il sorriso più bello del Mondo”.
La panchina “agente sociale” così come il muretto retrostante in pietra, che prosegue nella struttura del limitrofo ponte medievale, quest’ultimo posto favorevole all’osservazione del ruscello. Il ponte, per sua propria funzione è elemento di attraversamento tra le due rive del corso d’acqua e, soffermandosi sulla sua sommità, si può godere di uno scorcio che affascina l’occhio del passante. Possiamo ammirare il Borgo medioevale sormontato dalla collina del Castello, la grande chiesa dell’Assunta e i resti di quella dedicata a S. Maria “extra moenia”, di cui si può apprezzare il residuo campanile romanico con cella campanaria a trifore, oggi inglobati nell’edificio, purtroppo fatiscente, delle ex colonie.
Riuscite ad immaginare la storia che si è dipanata intorno a quel ponte? I volti, gli abiti, le parole, le fatiche e le gioie delle donne e degli uomini che lo hanno attraversato? Contadini, soldati, sacerdoti, spose e, nell’ultima guerra, partigiani come Dionigi Piantino, di cui una lapide ne ricorda la barbara uccisione avvenuta il 25 luglio 1944, che, raggiunto dai primi colpi all’altezza del ponte, cadde, come ricordano alcuni testimoni al tempo bambini, all’altezza “del quarto tiglio del piazzale della chiesa”. Fortunatamente nel nostro tempo coloro che si soffermano sotto il pino o attraversano il ponte per proseguire tra i tesori di Garessio, spesso inconsapevolmente ma inevitabilmente anche loro attori della storia, sono prevalentemente famiglie, persone di tutte le età, ragazzi in bicicletta ed escursionisti.
Risolutamente passiamo sull’altra sponda ed un cartello ci informa che siamo sulla “Via Alpina”: a destra possiamo inoltrarci nel Borgo Medioevale, a sinistra raggiungere la “Cappella di S. Mauro” o, per i più allenati, il “Colle San Bernardo”. Noi seguiamo la carrareccia, per un breve tratto asfaltata, che risalendo il rio si avvia verso la Cappella e la Fontana di Carulin…
Nella foto: Anno 1965 – Il corteo nuziale, lasciata la parrocchiale, raggiunge la pensione San Mauro.
Scritto da Maurizio Gualdi